Cammino di perfezione: secondo capitolo
Mostra come non ci si debba preoccupare delle necessità corporali e quale sia il vantaggio della povertà.
1. Non pensate, sorelle mie, che, trascurando di
assecondare il mondo, non dobbiate avere di che mangiare, ve l’assicuro
io. Non cercate mai di sostentarvi con espedienti umani, perché morirete
di fame e giustamente. Tenete gli occhi fissi sul vostro Sposo; è lui a
dovervi provvedere del necessario. Una volta che egli è contento di
voi, anche coloro che vi sono meno affezionati vi daranno da mangiare,
loro malgrado, come l’esperienza vi ha fatto costatare. Se poi, così
facendo, doveste morire di fame, fortunate le monache di san Giuseppe!
Non dimenticatelo mai, per amor di Dio: poiché avete rinunziato alle
rendite, rinunziate ugualmente a ogni preoccupazione circa il vostro
nutrimento, altrimenti tutto sarebbe perduto. Coloro che, per volere di
Dio, hanno siffatte preoccupazioni, le abbiano pure! È giustissimo,
perché essi seguono la loro strada, ma per noi, sorelle, è una pazzia.
2. Contare sulle rendite altrui è, secondo me,
pensare vanamente a ciò di cui il prossimo gode; come se con questo gli
altri possano cambiare parere e si sentano ispirati a farvi l’elemosina.
Lasciate questa cura a colui che può toccare tutti i cuori ed è il
padrone delle rendite e di chi le possiede. Noi siamo venute qui
seguendo la sua chiamata; le sue parole sono veritiere, perciò si
realizzano sempre: passeranno piuttosto i cieli e la terra. Non
veniamogli meno noi e non temiamo che egli ci venga meno. E, se talvolta
egli ci verrà meno, sarà per un maggior bene, come accadeva ai santi,
che, quando venivano uccisi per il Signore, vedevano aumentare la gloria
a causa del martirio. Bel cambio sarebbe farla presto finita con tutto e
godere l’eterna felicità...
4. In nessun modo, dunque, dovete preoccuparvi di
questo; ve lo chiedo come un’elemosina per amor di Dio; e se la più
giovane tra voi venisse a scoprire per caso una tale propensione in
questa casa, invochi Sua Maestà e lo faccia presente alla sorella
maggiore. Con umiltà le dica che è in errore e che, così facendo, a poco
a poco si arriverà alla perdita della vera povertà. Io spero nel
Signore che ciò non avvenga e che egli non abbandonerà le sue serve. A
tal fine, se non altro, quanto mi avete chiesto di scrivere servirà a
ricordarvelo.
5. Credetemi, figlie mie, per il vostro bene Dio mi
ha fatto capire qualcosa dei tesori racchiusi nella santa povertà, e
quelle tra voi che ne faranno esperienza lo capiranno; forse, però, non
tanto come me, perché io non solo non sono stata povera di spirito,
malgrado ne avessi fatto il voto, ma insensata. La povertà è un bene che
racchiude in sé tutti i beni del mondo; ci assicura un gran dominio,
intendo dire che ci rende padroni di tutti i beni terreni, dal momento
che ce li fa disprezzare. Che m’importa, infatti, dei re e dei potenti,
se non voglio le loro ricchezze, né intendo compiacere ad essi, quando
per causa loro mi può accadere di dover dispiacere, sia pur poco, a Dio?
E che m’importa dei loro onori, se sono convinta che il più grande
onore per un povero è quello di essere veramente povero?...
Commenti